“Coltivare” il carbonio per difendere l’ambiente

La Commissione europea già nel 2021 ha dato via libera all’implementazione del mercato dei crediti di carbonio attraverso diverse pratiche, tra cui quella del carbon farming: essa consiste nell’adozione delle migliori pratiche agricole che contribuiscono a catturare l’anidride carbonica dall’atmosfera e a immagazzinarla nei suoli o nella biomassa.
Il tutto con l’obiettivo di contrastare i cambiamenti climatici, ai quali contribuisce fortemente l’incremento di gas serra nell’atmosfera (soprattutto l’anidride carbonica).
In questo scenario, si inserisce il progetto “Go Carbon Farmer”, che ha come obiettivo principale quello di “mettere a terra” il concetto di carbon farming, portando avanti concretamente lo sviluppo e la conduzione di un vero e proprio progetto di certificazione e verifica degli assorbimenti del carbonio nei suoli agricoli, attraverso l’implementazione di pratiche di carbon farming (ad esempio cover crop, sovescio, lavorazioni conservative, strip till, concimazione a rateo variabile, ecc…).
Il progetto – che vede il Consorzio agrario Terrepadane come capofila – viene realizzato su dieci aziende del territorio regionale (otto piacentine con il pomodoro da industria come “coltura principe” nella rotazione; una modenese, una bolognese, entrambe ad indirizzo cerealicolo) ed è realizzato nell’ambito del Programma strategico della PAC 2023-2027 della Regione Emilia-Romagna.
Oltre a Terrepadane, il progetto è sostenuto da un gruppo operativo nel quale sono attivi diversi partner: Università Cattolica del Sacro Cuore, CRPA, Citimap, Centro di Formazione “Vittorio Tadini” e le dieci aziende agricole.
<L’obiettivo, sicuramente ambizioso, – spiega Lorenzo Cremonesi, collaboratore tecnico di Terrepadane, che segue il progetto – è quello di esplorare con le aziende agricole il vero potenziale delle pratiche di carbon farming per generare due tipologie di certificati ammessi dal regolamento europeo: i certificati di assorbimento netto temporaneo del carbonio e i certificati di riduzione netta delle emissioni dal suolo. I certificati generati grazie all’implementazione di pratiche di carbon farming saranno poi oggetto di valutazione di idoneità alla certificazione, seguendo standard riconosciuti a livello internazionale>.
Il progetto, che ha durata triennale, consentirà alle aziende agricole di rilevare dei veri e propri confronti – sia per l’andamento del carbonio nel suolo, che per le emissioni di gas serra- tra l’appezzamento iscritto a progetto e quelli di controllo, nei quali invece si continueranno ad eseguire le normali pratiche colturali.
<Il confronto – continua Cremonesi – verrà effettuato attraverso l’utilizzo delle più moderne tecnologie di telerilevamento, la modellistica avanzata del suolo e della coltura, la mappatura prossimale del terreno, gli algoritmi di intelligenza artificiale e strumenti digitali (come, ad esempio, il Quaderno di Campagna). In una seconda fase verranno quantificati con rigore scientifico l’impatto sul clima del programma attraverso metodologie scalabili e trasparenti in linea con il regolamento europeo: i risultati saranno poi oggetto di verifica, affinché i benefici netti in termini di assorbimento del carbonio e riduzione delle emissioni possano essere certificati come crediti del carbonio di qualità>.
Importante è la presenza del Centro di formazione “Vittorio Tadini” che organizzerà un corso di formazione specifico nell’ambito del quale verranno fornite le conoscenze di base per l’implementazione di pratiche di carbon farming e anche le competenze operative necessarie per partecipare e operare all’interno di un progetto di assorbimento del carbonio finalizzato a generare crediti del carbonio.
<Questo progetto – conclude Cremonesi – consentirà finalmente di concretizzare un vero e proprio schema di certificazione per decarbonizzare una filiera agroalimentare e fornire strumenti che permettano non solo di arrivare ad avere un reddito aggiuntivo, ma anche di definire pratiche colturali che migliorino il suolo e la sua fertilità: ossia il capitale più importante in un’azienda agricola, che impatta indissolubilmente sulla qualità dell’ambiente in cui viviamo>.

 

Fonte: Libertà